Fedegari è da diversi decenni un punto di riferimento nel panorama internazionale dell’impiantistica farmaceutica. Recentemente l’iter produttivo dell’azienda pavese si è esteso dalle macchine di processo ai sistemi integrati, al fine di aumentare l’efficacia delle soluzioni proposte calibrate sempre più sulle esigenze dei clienti. Ne parliamo con il presidente, Giuseppe Fedegari.
ICF – Sig. Fedegari, quali sono state le tappe fondamentali della vostra storia aziendale?
Fedegari Autoclavi viene fondata nel 1953 dai fratelli Fortunato e Giampiero Fedegari, artigiani del metallo. Dopo aver lavorato parti di autoclavi per alcuni costruttori locali, i fratelli compiono la scelta coraggiosa di dare vita ad una realtà focalizzata sulla produzione di sterilizzatori per l’industria farmaceutica. L’azienda riesce così, in breve tempo, ad aggiudicarsi alcune importanti commesse anche sui mercati esteri, partendo da quello russo. Nei primi anni Novanta, Fedegari coglie una nuova sfida e intraprende la costruzione di alcuni impianti di estrazione. Tale esperienza costituisce una vera e propria pietra miliare nella storia del Gruppo, non tanto dal punto di vista della diversificazione produttiva, ma soprattutto da quello esperienziale, dimostrando che non esistono sfide insuperabili. Infatti, pur non disponendo di specifiche competenze dei processi basati sulla CO2 liquida, la società riesce a sviluppare soluzioni tecnologiche completamente nuove. Nei primi anni 2000 inizia il processo di diversificazione che porterà all’attuale struttura aziendale. Vengono introdotti i processi di lavaggio e quelli di decontaminazione basati sul perossido di idrogeno vaporizzato. Gradualmente Fedegari inizia ad offrire al mercato non più singole macchine, ma soluzioni integrate. Questo passaggio rappresenta una svolta determinante perché l’azienda si trasforma da costruttore di macchine stand alone a sviluppatore di sistemi. Attualmente ne abbiamo alcuni in costruzione, diversi tra loro, che comprendono differenti tecnologie. Con queste nuove potenzialità non viene più richiesta un’offerta per una macchina specifica, ma si attiva una collaborazione che parte dal layout del cliente che, spesso, abbandona la soluzione convenzionale per indirizzarsi verso un sistema più completo e idoneo a soddisfare la sua specifica necessità.
ICF – La produzione di sistemi integrati oggi rappresenta una parte importante del business aziendale?
Tuttora la fornitura di macchine rappresenta una parte fondamentale del core business, ma i progetti speciali in cui utilizziamo il nostro know-how sul processo farmaceutico per unire diverse macchine con differenti funzioni in un unico sistema acquistano uno spazio sempre maggiore. Il confronto con il cliente è cambiato rispetto al passato. Consulenza e collaborazione sono i fattori principali di fidelizzazione sia nel campo dell’ingegneria, sia dell’automazione, fino allo sviluppo del processo.
ICF – Il mercato internazionale ha apprezzato questa nuova impostazione, probabilmente diversa da quella di parte della concorrenza internazionale più qualificata?
In effetti, attualmente, siamo gli unici nel nostro settore che si costruiscono “in casa” tutti i componenti delle macchine. Da quando abbiamo iniziato a proporre soluzioni complete, assemblando macchine diverse in un unico sistema, siamo in grado di fornire gli stessi componenti su tutta la fornitura: stessa valvola, stesso controllore di processo, ecc. Alcuni concorrenti più grandi hanno operato acquisizioni ma, la complementarietà delle aziende facenti parte di un Gruppo, generalmente è meno efficace di quella realizzata da un’unica struttura. Nella maggior parte dei casi, l’integrazione ottenuta è superficiale, rappresentata da un sistema dove le macchine hanno la stessa etichetta ma non vengono realizzate con gli stessi componenti né con la stessa logica di produzione e manutenzione.
ICF – Nel vostro settore dell’impiantistica, è possibile considerarvi una sorta di società di ingegneria?
Praticamente sì. Non avendo un prodotto di serie, ogni soluzione deve essere calibrata e plasmata sulle esigenze del cliente. Nel passato era l’utilizzatore a richiedere una macchina con le caratteristiche adatte a sterilizzare determinati prodotti, con certi volumi. Oggi le esigenze sono più complesse: c’è qualcosa a monte e a valle delle nostre macchine di processo. Fedegari prevede, per esempio, sistemi di carico e scarico robotizzati, che richiedono un esame molto attento del prodotto, del trattamento cui va sottoposto e della sua destinazione.
ICF – Nell’ambito di questo rapporto di collaborazione con il cliente, quale ruolo riveste l’attività di Ricerca & Sviluppo?
Quando abbiamo accettato nuove sfide produttive (lavaggio, decontaminazione…), non accontentarsi delle conoscenze pregresse disponibili sul mercato è stata la molla che ci ha spinto a creare un nostro bagaglio di esperienze diverse perché, senza capire il processo e le tecnologie, non è possibile controllarli. Abbiamo l’ambizione di vendere un prodotto che assicuri le massime prestazioni. Per fare questo è indispensabile un controllo efficace della tecnologia. Interagendo con il cliente, si possono mettere a punto soluzioni molto più efficienti rispetto al passato, quando venivano applicati sistemi più tradizionali. In alcuni casi, impiegando una sola macchina è possibile ottenere prestazioni che, in precedenza, richiedevano un impianto molto più complesso – è il caso della lava-sterilizzatrice. Nel nostro settore, la produttività non aumenta solo perché il processo è diventato più breve. Il miglioramento dell’efficienza deriva dall’integrazione di macchine che sviluppano processi diversi, dall’ ottimizzazione del layout e della logistica.
ICF – Con questo tipo di approccio, anche le risorse umane acquistano un peso determinante…
Sicuramente. Il valore di questa azienda risiede proprio nelle risorse umane. Oggi il Gruppo può contare su circa 500 dipendenti operanti nelle diverse sedi. Presso la casa madre di Albuzzano (PV) hanno sede l’Ingegneria, la Ricerca, la Software House, la produzione delle macchine industriali e dei componenti, oltre ai servizi di assistenza ai clienti. Nei primi anni 2000 è stata trasferita presso la filiale Svizzera la produzione delle macchine di serie (autoclavi per laboratori), mentre presso le altre sedi all’estero (Stati Uniti, Singapore, Germania e Cina) vengono svolte le attività commerciali, di post-vendita e assicurato un supporto tecnico ai clienti locali. Per svolgere in modo efficiente questi compiti occorre “creare” le persone, con le esperienze e le competenze adatte. Una volta integrate, saranno loro a produrre e sviluppare l’innovazione. La nostra squadra è composta da ingegneri meccanici, ma anche elettronici e informatici. É la nostra divisione automazione a sviluppare autonomamente il controllore di processo.
ICF – Collaborate anche con le Università?
Proprio in questo periodo i rapporti si stanno intensificando. Collaboriamo con università italiane ed estere soprattutto per identificare i talenti da inserire in azienda. Se vogliamo prevalere rispetto alla concorrenza, dobbiamo prima investire nella formazione delle persone che hanno un potenziale per crescere. Il processo di formazione dura anni e proprio per questo, è importante scegliere le persone giuste.
ICF – Come si è sviluppata l’attività sui mercati esteri e di quali strutture vi avvalete per portarla avanti in modo brillante?
Fino a una decina di anni fa abbiamo lavorato in tutto il mondo attraverso una rete di agenti e distributori che mantenevano i rapporti con il cliente e, in molti casi, fornivano i servizi di supporto (manutenzione, ricambi, ecc.). Dopo 25 anni di collaborazione con l’agente locale, nel 2007 abbiamo scelto di aprire la sede statunitense, ritenendo che fosse giunto il momento di essere presenti direttamente sul mercato. Questa esperienza è stata importante perché ci ha fatto capire la differenza tra essere rappresentati e avere un rapporto diretto con gli utilizzatori. Con l’apertura della sede sono aumentati esponenzialmente contatti con i clienti. Nella sede americana abbiamo installato alcune nostre macchine che ci permettono di effettuare prove di sviluppo di processo, interagendo direttamente con i clienti che non sarebbero venuti in Italia. In tal modo siamo in grado di presentare nuove proposte orientate a migliorare le prestazioni dell’utilizzatore. É cambiato il rapporto con il mercato: prima ci limitavamo a formulare offerte e a sviluppare trattative, oggi la collaborazione inizia prima e permette di stabilire un rapporto di fiducia. Dopo la positiva esperienza negli Stati Uniti, abbiamo costituito nel 2008 la filiale di Singapore. Oggi i mercati americano e asiatico sono estremamente importanti per la nostra società: le principali società farmaceutiche hanno sede negli Stati Uniti e in Asia e stanno sostenendo enormi investimenti nel settore.
ICF – Anche il rapporto con i fornitori acquista importanza per raggiungere risultati di eccellenza?
Collaborare con i fornitori che realizzano prodotti complementari ai nostri rappresenta innanzitutto un’opportunità per imparare: se non comprendi come lavorano queste aziende, diventa pressoché impossibile fornire prodotti “chiavi in mano”. Per fare un esempio, recentemente abbiamo testato sulle nostre macchine e nel nostro laboratorio la strumentazione di Ellab, rappresentata in Italia da Fasinternational: è stata un’esperienza importante per entrambe le parti, che ha consentito di trovare soluzioni integrate, soprattutto nella validazione di sterilizzatori con carichi rotanti che è considerata una grande sfida nel nostro settore.
ICF – Negli anni recenti avete pensato di estendere la vostra offerta anche ad altri settori, oltre al farmaceutico?
Dopo l’esperienza sviluppata nei primi anni Novanta con i fluidi supercritici, nell’ultimo decennio abbiamo studiato alcune diversificazioni sviluppando sistemi per la decontaminazione e il lavaggio, ma anche l’integrazione dei robot con i nostri impianti. É noto che all’interno di una clean room l’uomo è un elemento di contaminazione: la sua sostituzione con i robot permette di migliorare le prestazioni e di ridurre i costi di esercizio. Stiamo lavorando anche su isolatori, all’interno dei quali si sviluppano operazioni diverse mediante l’impiego dei robot. Alcune delle applicazioni citate possono interessare anche altre industrie. Abbiamo venduto una ventina di macchine per la sterilizzazione dei prodotti alimentari confezionati. Anche questa è stata un’esperienza importante: abbiamo ottenuto la commessa dopo che l’azienda cliente aveva lavorato per anni allo sviluppo dei processi utilizzando le nostre macchine in laboratorio. Abbiamo così dimostrato che, utilizzando una tecnologia più sofisticata, anche l’industria alimentare poteva ottenere dei benefici economici. L’industria alimentare, peraltro, non sta ancora dimostrando una sensibilità sufficiente per affidarsi all’alta tecnologia; il prezzo in quell’ambito spesso è ancora un fattore determinante.
ICF – Quali sono i vostri obiettivi prioritari per il medio termine?
Sempre di più verrà perseguita l’integrazione delle diverse tecnologie in un’unica soluzione. Dal mio punto di vista le macchine stand alone hanno fatto il loro tempo; sono praticamente diventate commodities e non ci permetterebbero di crescere. Siccome il nostro impegno è finalizzato a sviluppare nuove soluzioni, dobbiamo continuamente investire. In un mercato di commodities verrebbe a mancare la capacità di autofinanziamento, così importante per l’azienda.
ICF – In un mondo in cui sono moltiplicati gli strumenti di comunicazione e marketing, la presenza alle fiere di settore è ancora un momento di confronto importante con il mercato?
Il prossimo anno parteciperemo di nuovo ad Achema, la manifestazione di riferimento per il settore; abbiamo invece rinunciato a quasi tutte le altre manifestazioni, che non ci permettono di sviluppare un rapporto profondo con il cliente. Se il rapporto resta superficiale, la presenza è meno utile: anziché sviluppare migliaia di contatti, preferiamo selezionarli e lavorare in profondità su quelli che offrono le migliori opportunità.Più di una volta, invece di partecipare a una fiera, abbiamo invitato clienti attivi e potenziali ad eventi nostri, in cui abbiamo potuto confrontarci per un’intera giornata con i nostri interlocutori; il contatto in fiera è meno approfondito.La comunicazione è cambiata, lavoriamo sempre di più sul nostro sito e, attraverso il marketing, puntiamo a raggiungere il cliente con informazioni più specifiche. Alla base c’è l’esigenza di consolidare i rapporti: se vogliamo dimostrare di essere validi, abbiamo bisogno di trascorrere più tempo con il cliente, di conoscere bene le sue tecnologie, di effettuare tutte le prove necessarie.
ICF – Fedegari è presente in tutto il mondo, ma è rimasta una società con un’impostazione familiare. Anche questo fattore è stato importante per i vostri risultati?
I valori di una società familiare sono tuttora importanti. Innanzitutto, danno la possibilità di decidere più velocemente; inoltre, l’essere cresciuti in azienda consente di avere la cultura per prendere le decisioni con maggiore tranquillità. É ovvio che, per evitare le scelte sbagliate occorre anche documentarsi, viaggiare, approfondire la materia: la conoscenza della tecnologia consente di effettuare scelte più oculate. Per me è importantissimo lavorare con mio fratello che è presente in sede durante i miei numerosi viaggi di lavoro. Ci dividiamo le responsabilità, mantenendo un controllo diretto di tutto quello che facciamo. Naturalmente è indispensabile avvalersi anche di persone di fiducia, che diventano parte integrante della società familiare. Quando, come in questo momento, vengono effettuati investimenti enormi per la crescita dell’azienda, in un certo modo si scommette su se stessi, sulle proprie conoscenze, sulle informazioni acquisite: sarebbe più difficile operare le scelte importanti sulla base di informazioni portate da altre persone e non vissute direttamente.